Attivare le Habitat Communities

A Salerno nasce la collaborazione tra BitMup e Blam

Dal 31 marzo al 2 aprile 2023, BitMup APS è stata ospite delle amiche del collettivo Blam – Stategie Adattive nell’ambito del progetto “Habitat, riabitare insieme nuovi ecosistemi urbani”. 

 Il progetto, a cura di Blam e finanziato dalla Regione Campania con risorse statali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, patrocinato dal Comune di Salerno, è stato possibile anche grazie alla collaborazione di varie realtà del territorio: Campania ECO FestivalMarea, Hormé – Liberi Di Crescere, ZAP laboratorio urbano, I semi del Futuro aps,  Euniversity e con la supervisione scientifica dei processi di Nicola Capone e con il supporto della rete de Lo Stato dei Luoghi

Da dove nasce questa collaborazione? Senza dubbio da una comunione di intenti. Sì perché con il collettivo Blam condividiamo tanto e ce ne siamo accortə fin da subito: approccio, visione e metodi per la rigenerazione urbana community based

Suona tautologico ma riteniamo che sia fondamentale sottolinearlo ogni volta: senza il coinvolgimento attivo delle comunità non c’è rigenerazione urbana.

Si parla, infatti, di spazi del possibile, materiali e immateriali, dove si lavora con e per il territorio di riferimento, avendo come principali alleati coloro che quotidianamente lo vivono e lo animano: le comunità. Cosa non di certo banale in un mondo professionale ed accademico sempre più schiacciato sull’approccio mainstream, spesso più attento al posizionamento delle pratiche che al reale impatto di queste sulla vita dei cittadini e delle cittadine e dei territori. 

Ma cos’è Habitat School? Si tratta di un esperimento di un percorso di formazione-azione per rendere le comunità protagoniste della cura dell’habitat urbano e attive nella lotta ai cambiamenti climatici, attraverso la promozione di nuovi stili di vita e la ri-progettazione di spazi sottoutilizzati e/o in stato di abbandono della città in chiave ecologica e collettiva. Un’esperienza incredibile di condivisione di competenze a cavallo tra la formalità e l’informalità, tra l’expertise e le emozioni, per  costruire un gruppo di attivatori di comunità proveniente da tutta Italia che si contamini vicendevolmente e che semini questa esperienza per il Paese.

Nell’ambito di Habitat la collaborazione  tra  Blam e Bitmup si è realizzata attraverso un breve percorso formativo, tenuto da Elisabetta e Teresa, che hanno gestito  il primo modulo della scuola di coltivatori di habitat urbani dal titolo Attivare le Habitat Communities

Le  Habitat Communities sono le persone che abitano i territori e che contribuiscono a rafforzarne  l’identità con tutte le dimensioni e fattori che in questa intervengono: pratiche consolidate, sistemi socio-relazionali, tradizioni, appartenenza, etc. Le comunità, in sintesi, sono l’essenza e l’anima di un territorio. 

Proprio da qui parte il breve viaggio di BitMup nell’Habitat School di Salerno: fornire agli aspiranti coltivatori di comunità strumenti, metodi e approcci per il coinvolgimento e l’ingaggio territoriale delle comunità, analizzando come e perché le comunità si attivano e in quale modo incanalare queste energie verso una maggiore consapevolezza del proprio ruolo territoriale, anche nella pianificazione strategica dell’habitat urbano. 

Il focus principale di questo percorso sono  state le relazioni che le persone instaurano con i luoghi e come alcuni elementi dello spazio, alle volte impercettibili per osservatori non allenati, possano assumere significati diversi per le persone e per le comunità. Così una piazza può diventare un campo di calcio, anche se il campo di calcio è poco più in là, inaccessibile alla comunità.  

Diventa importante, quindi,  osservare come le pratiche siano il riflesso della percezione dello spazio e delle sue possibilità/opportunità e quali funzioni assuma a seconda di chi lo attraversa. 

Prima di iniziare, però, spazio alla conoscenza reciproca, che è elemento fondamentale all’interno di un team multidisciplinare; e come farlo al meglio se non con il mercato delle storie? Per un’oretta la soffitta della Fondazione Carisal di Salerno si è trasformata in un vero e proprio mercato degli oggetti e dei significati che ciascuno di essi assume per il/la proprietario/a. Le/i partecipanti dell’Habitat School si sono trasformati/e in mercanti e hanno provato a “vendere” qualcosa di loro stessi, tre oggetti che li rappresentassero e che permettessero a tutti/e di conoscersi un po’ di più, esattamente come si fa con lo spazio e le comunità provando a contrattare spazi di relazione e di fiducia. 

Dopo il primo momento di conoscenza reciproca, è arrivato il momento di lavorare sui territori. L’approccio BitMup alla formazione non è canonico: non è, infatti, un travaso di conoscenza ma uno scambio reciproco di saperi e di conoscenze, dove oltre al passaggio dei saperi più “classici” si struttura su un apprendimento esperienziale che permette a chiunque di confrontarsi con le nozioni più tecniche e teoriche attraverso un esercizio pratico e collaborativo. In questo modo si mettono in pratica numerose competenze e ci si mette in gioco, nel processo di costruzione di conoscenza, usando le proprie risorse e capacità – che trovano poco spazio nei processi formativi tradizionali. In linea con questo principio, i/le partecipanti si sono visti coinvolti in attività di esplorazione del territorio, di attività di outreach e in passeggiate urbane. 

Nel corso della seconda giornata di formazione i/le giovani coltivatori di comunità della classe di Habitat, divisi in sei gruppi, hanno esplorato, ascoltato, toccato, osservato, disegnato, fotografato e percepito lo spazio del centro storico di Salerno. Queste attività dovevano essere mappate e tracciate, per farle poi confluire in una narrazione corale degli spazi attraversati. 

Attraverso la costruzione di questa  mappa di comunità (MdC) del centro storico, le Bitmuppers Elisabetta e Teresa, si sono fatte guidare alla scoperta di Salerno dalle e dai partecipanti che avevano esplorato la città. Da una piazzetta nascosta nel quartiere Fornelle ad un convento abbandonato sulla salita di Montevergine, da una scalinata che porta alla cattedrale di San Matteo alla chiesa sconsacrata dei Morticelli passando per i vicoli stretti del centro storico, osservando gli usi dello spazio, le relazioni intravedibili e le pratiche consolidate dei luoghi, i racconti della città hanno provato a cogliere l’essenza delle zone oggetto di osservazione attraverso le testimonianze privilegiate della comunità che le agisce e le rende possibili. 

I gruppi hanno attraversato il centro storico, ri-leggendolo nei racconti delle/degli abitanti, ricostruendo vocazioni dello spazio e le relative caratteristiche formali ed informali, tra sorrisi e alle volte commozione per le parole, i gesti e le visioni delle persone incontrate lungo la strada. Sei micro-mappe di sei diverse aree del centro storico, sei narrazioni differenti ma accomunate da un comune denominatore: la percezione dei cittadini e delle cittadine e la loro interpretazione della città. Informazioni differenti dai dati freddi reperibili che, sebbene fondamentali, spesso tralasciano aspetti cruciali  da tenere in considerazione nella progettazione dell’habitat urbano e che sono essenziali per ripensare le strategie urbane. Disegni, fotografie, registrazioni audio-video per raccontare la città in tutte le sue forme, colori e suoni, che uniti forniscono un quadro parziale del centro storico che dovrà essere alimentato nel corso dei diversi moduli che l’Habitat School ha previsto. Infatti, è solo attraverso un approccio multidisciplinare che sarà possibile completare la mappa di comunità del centro storico di Salerno, con tutte le competenze che i/le giovani coltivatori/trici di comunità riusciranno ad implementare durante il percorso di formazione. 

Resta quindi aperta la nostra mappa di comunità di Salerno. Uno strumento che necessita di essere costantemente aggiornato, alimentato con l’ascolto e la partecipazione dei cittadini e le cittadine, di tutte le età, estrazione sociale, culturale (ricordiamo sempre che, per fare un esempio, solitamente i bambini non vengono considerati della pianificazione urbanistica delle città e dello spazio pubblico!). 

Si fa sempre più impellente l’esigenza di una coprogettazione ad impatto, una coprogettazione urbana di genere, in un generale una progettazione urbana inclusiva e aperta che garantisca un ascolto attento alle differenze di abitanti e ospiti, alle loro specificità culturali, priorità, valori anche in relazione alla diversificazione di provenienza dei cittadini e delle cittadine (da questo punto di vista è fondamentale tenere in considerazione che oggi più che mai le nostre città sono interculturali, fondate quindi su tradizioni culturali differenti che incidono anche nella percezione dello spazio pubblico!). Con le mappe di comunità questo ascolto, questa definizione di priorità e commistione di tradizioni e percezioni è possibile ed anzi auspicabile nel cambio di paradigma culturale che chiediamo agli Enti Locali e alla Pubblica Amministrazione per ibridare l’approccio degli uffici tecnici, pur sempre fondamentali e votati alla concretezza degli interventi, con la co-definizione dei bisogni e delle azioni concrete per soddisfarli in un’ottica, sempre più influente, di Amministrazione Condivisa e condivisione del potere di agire sulle città.

Torneremo a Salerno per vedere come prosegue il percorso dei/delle coltivatori/trici di comunità nella definizione partecipata della città che vogliamo e per scoprire come prende forma la mappa di comunità!

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